Il fantasma e l’oggetto nel bambino
Vers la JIE8 "Rêves et fantasmes chez l'enfant"
Samedi 7 décembre 2024
Il fantasma e l'oggetto nel bambino
Carlo De Panfilis
Introduzione alla prima giornata di studio della rete Bambino Inconscio Psicoanalisi e Politica
Lacan ha creato il termine troumatismo[1] per illustrare la disarmonia fondamentale, la discordanza, il buco che esiste tra il bambino e ciò che lo circonda. Il bambino è sospeso in un mondo capriccioso, organizzato secondo un codice di cui non ha la chiave. Quando il bambino incontra la mancanza dell'Altro, quando si trova preso o invischiato nel desiderio dell'Altro, si trova di fronte a un buco che Lacan chiama il reale. "Quando il soggetto - afferma J.-A. Miller - deve fare i conti con l'opacità del desiderio del grande Altro e questa opacità, la sua illeggibilità, ha l'effetto della Hilflosigkeit freudiana, l'angoscia del soggetto, è allora che ricorre al fantasma come difesa”[2].
Una risposta al reale
Possiamo vedere nel Fort-Da[3] la matrice del fantasma, il primo atto della sua costituzione, ovvero il primo atto con cui il bambino si difende dal reale appoggiandosi al gioco, al linguaggio, all'oggetto. Attraverso la parola costruisce il proprio oggetto e si costituisce come soggetto desiderante. È ciò che aveva colto Freud nell’osservazione del gioco ripetuto più volte, che mostra come un bambino possa dirigere se stesso sull'Altro palcoscenico di un fantasma. È il gioco di un bambino che fa sparire un rocchetto, che lancia e poi riporta sul bordo del letto, cantando il movimento con le parole fort e da, (via e qui). appoggiandosi dunque sull'ordine significante. Il bambino che sembra giocare da solo con il suo rocchetto sta giocando con l'Altro. Gioca con l'assenza dell'Altro reale, "tampona l'effetto della scomparsa della madre facendosene l'agente"[4]. In effetti il linguaggio, il “via” e il “qui”, attraverso il gioco gli permette di prendere le distanze dalla sua angoscia: "fare di sé il regista" gli permette di annullare, di cancellare il fatto che, altrimenti, è solo il burattino del significante, “gli permette di considerarsi come il macchinista, cioè come il regista di tutta la cattura immaginaria di cui altrimenti non sarebbe che la marionetta vivente”[5]. La realtà si costituisce per il bambino in questo modo, sostenuta da un oggetto e da un gioco che ne sono l'ossatura e al tempo stesso si costituisce il soggetto.
Produrre un soggetto, costruirsi un corpo
Il bambino gioca, cioè si diverte, prima con le parole e poi con l'equivalente di un pezzo del suo corpo, il rocchetto. L'osservazione di Freud sul nipote ci mostra come " l'operazione del significante, l'iscrizione nella catena significante (fort-da) produca un soggetto, e come questo non avvenga senza l'estrazione di un oggetto."[6] Si pone quindi la questione di come sia possibile generare un tale effetto di soggetto nei bambini per i quali l'operazione di taglio, separazione e negazione del godimento non ha avuto luogo o che presentano difficoltà nella sua messa in atto, come nei bambini il cui corpo non risponde ad alcune funzioni senza che ci sia una lesione né la costituzione di un sintomo. Ci sono bambini che inciampano con il corpo e nel loro corpo e nelle parole difficili da articolare. Corpo difficile da rappresentare e da localizzare nello spazio. Bambini inabili nell’uso degli oggetti o malati di vivacità; senza parole o sempre distratti. Nella clinica dell’inabile con il corpo o del corpo maldestro, addormentato, è la costruzione del corpo che è in questione, è l'avvenire del soggetto di fronte al reale pulsionale che è in gioco.
Il gioco, il fantasma e l'oggetto
Attraverso i sogni, nel gioco, nei suoi racconti, il bambino mette in scena i propri significati, dà interpretazioni che mirano a dare un senso a ciò che si presenta come trauma: è preso nelle sue parole come soggetto, il che è diverso dall'essere nella posizione di oggetto. Soggetto di desiderio: il tempo zero del desiderio, il suo sorgere " è determinato dal primo oggetto che ha la caratteristica di essere cedibile"[7]. In psicoanalisi non esistono altri oggetti se non quelli che possono essere colti nel e dal mondo del linguaggio: la simbolizzazione permette al bambino di trovare la sua posizione in relazione ai suoi oggetti e in relazione agli altri di cui è oggetto. "Ci sono due tipi di oggetti, quelli che possono essere condivisi e quelli che non possono essere condivisi, che Lacan chiama oggetti metonimici"[8]. Un oggetto che non può essere condiviso si riferisce all’ oggetto-causa del desiderio e non ci si può avvicinare a questo senza gli altri oggetti che fanno parte del mondo del bambino. Nel bambino come nell’adulto occorre che il soggetto abbia sufficientemente costruito il fantasma che lo anima, con la versione dell’oggetto di cui dispone secondo l’età. È questa la dimensione dello sviluppo secondo Lacan.
Per un'etica dell'atto
La pratica con i bambini ci invita a cogliere il grande lavoro con il quale l'essere parlante si trova ingaggiato fin dai primi momenti della propria esistenza per confrontarsi con il reale ed emergere come soggetto. L'incontro con il dire del bambino, gli oggetti che lo accompagnano, i suoi giochi nel quale cerca di emergere come soggetto, sono esperienze uniche come è unico il soggetto. Diventano uniche lì dove se ne percepisce la dimensione dell'atto che le sostiene. Questi incontri diventano allora una possibilità per il bambino e per chi se ne prende cura, nelle istituzioni, nei luoghi di cura, nel sociale per sostenere il desiderio del bambino nel suo divenire.
Nella giornata di studio ci incontreremo per condividere esperienze, pratiche e ricerche.
[1] J. Lacan, Le Séminaire, Livre XXI, Les non dupes errent, leçon du 19 février 1974.
[2] J.-A. Miller, Une introduction à la lecture du Séminaire VI, La Cause du désir, 86, 2014 pp. 61-72.
[3] S. Freud, Opere, vol 9, Al di là del principio del piacere, [1920], Torino, Boringhieri 1977, p 193.
[4] J. Lacan, La direzione della cura e i principi del suo potere, Scritti, Torino, Einaudi 1974 e 2002, p. 633.
[5] Ibidem.
[6] P. Lacadée, Un petit jeu comme équivalent d’un fantasme Le Pari de la Conversation - Numero 18, Avril 2024.
[7] J. Lacan, II Seminario, Libro X, L'angoscia, Torino, Einaudi, 2003, p. 361.
[8] M-H. Brousse, De l'enfant objet aux objets de l'enfant, La Petite Giraffe, n°26, Institut du Champ Freudien, Juin 2007, p 38.
La bibliographie accessible ci-dessous
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L'argument en français
Il fantasma e l'oggetto nel bambino
Carlo De Panfilis
Introduction à la première journée d’étude du réseau Enfant Inconscient Psychanalyse
Lacan a créé le terme troumatisme[1] pour illustrer la dysharmonie fondamentale, la discordance, le trou qui existe entre l’enfant et ce qui l’entoure. L’enfant est suspendu dans un monde capricieux, organisé selon un code dont il n’a pas la clef. Lorsque l’enfant rencontre le manque de l’Autre, lorsqu’il se trouve pris ou empêtré dans le désir de l’Autre, il se trouve devant un trou que Lacan nomme le réel. « Quand le sujet – affirme J.-A. Miller – a affaire à l’opacité du grand Autre et que cette opacité, son illisibilité, a pour effet l’Hilflosigkeit freudienne, la détresse du sujet, c’est alors qu’il a recours au fantasme comme à une défense[2].
Une réponse au réel
Nous pouvons voir dans le Fort-Da[3] la matrice du fantasme, le premier acte de sa constitution, le premier acte par lequel l’enfant se défend du réel au moyen du jeu, du langage, de l’objet. À travers la parole il construit son objet et se constitue comme sujet désirant. C’est ce que Freud a compris dans l’observation du jeu répétitif, un jeu qui montre comment un enfant peut se diriger lui-même sur l’Autre scène d’un fantasme. Le jeu d’un enfant qui fait disparaître une bobine, qu’il lance et puis reporte sur le bord du lit, en accompagnant le mouvement avec les paroles fort et da, s’appuyant ainsi sur l’ordre signifiant. L’enfant qui semble jouer tout seul avec sa bobine tout en jouant avec l’Autre. Il joue avec l’absence de l’Autre réel, « tamponne l’effet de la disparition de la mère en se faisant l’agent »[4]. En effet, le langage, ces mots « parti » et « ici », à travers le jeu lui permettent de prendre les distances de son angoisse : « se transformer en metteur en scène » lui permet d’annuler, d’effacer le fait que, sinon, il ne serait que la marionnette du signifiant, « lui permet de se considérer comme le conducteur de train, comme le metteur en scène de toute la capture imaginaire dont il ne serait, sinon, que la marionnette vivante »[5]. Pour l’enfant, la réalité se constitue ainsi, soutenue par un objet et par un jeu qui en sont l’ossature et dans le même temps le sujet se constitue.
Produire un sujet, se construire un corps
L’enfant joue, se divertit, d’abord avec les mots et ensuite avec l’équivalent d’un morceau de son corps, la bobine. L’observation de Freud de son petit-fils nous montre comment « l’inscription dans la chaîne signifiante [Fort-Da] produit un sujet, l’opération du signifiant, pas sans l’extraction d’un objet. »[6] Ainsi se pose la question de comment est-il possible de produire un tel effet de sujet chez des enfants pour lesquels n’a pas eu lieu l’opération de coupure, de séparation et de négation de la jouissance ou qui présentent des difficultés dans leur mise en acte, comme pour les enfants dont le corps ne répond pas à certaines fonctions sans pour cela qu’il y ait une lésion ou la constitution d’un symptôme. Il y a des enfants qui trébuchent avec leur corps et dans leur corps et avec les paroles, difficiles à articuler. Un corps difficile à représenter et à localiser dans l’espace. Des enfants peu habiles au maniement des objets ou malades de vivacité ; sans paroles ou toujours distraits. Dans la clinique des sujets peu habiles avec le corps ou maladroits avec le corps, un corps endormi, se pose la question de la construction du corps, est en jeu l’avenir du sujet face au réel pulsionnel.
Le jeu, le fantasme et l’objet
Avec ses rêves, ses jeux, ses récits, l’enfant met en scène ses propres signifiés, donne des interprétations qui tendent à donner un sens à ce qui se présente comme trauma : il est pris dans ses paroles en tant que sujet, ce qui est différent que de se trouver dans la position d’objet. Sujet du désir : le temps zéro du désir, son surgissement « déterminée par le premier objet caractéristiquement cessible ».[7] En psychanalyse il n’existe pas d’autres objets que ceux qui peuvent être pris dans et du monde du langage : la symbolisation permet à l’enfant de trouver sa position en relation à ses objets et en relation aux autres dont il est objet. « Il y a deux types d’objets, ceux qui peuvent être partagés et ceux qui ne peuvent l’être, que Lacan appelle objets métonymiques »[8]. Un objet qui ne peut être partagé se réfère à l’objet-cause du désir et on ne peut s’en rapprocher sans les autres objets qui font partie du monde de l’enfant. Chez l’enfant comme chez l’adulte il faut que le sujet ait suffisamment construit le fantasme qui l’anime, avec la version de l’objet dont il dispose selon son âge. Ceci est la dimension du développement selon Lacan.
Pour une éthique de l’acte
La pratique avec les enfants nous invite à saisir le grand travail auquel l’être parlant se trouve engagé depuis les premiers moments de son existence pour se confronter avec le réel et devenir sujet. La rencontre avec le dire de l’enfant, les objets qui l’accompagnent, ses jeux sont des expériences uniques comme est unique le sujet. Elles deviennent uniques là où on en perçoit la dimension de l’acte qui les soutient. Ces rencontres deviennent alors une possibilité pour l’enfant et pour qui en prend soin, dans les institutions, dans les lieux de soin, dans le social pour soutenir le désir de l’enfant.
Durant la journée d’étude nous nous rencontrerons pour partager expériences, pratiques et recherches.
[1]. Lacan J., Le Séminaire, livre XXI, Les non dupes errent, leçon du 19 février 1974.
[2]. Miller J.-A., « Une introduction à la lecture du Séminaire VI », La Cause du désir, no 86, 2014, p. 65-66.
[3]. Freud S., Œuvres, vol.15, « Au-delà du principe de plaisir », 1920.
[4]. Cf. Lacan J., « La direction de la cure et les principes de son pouvoir », Écrits, Paris, Seuil, 1966.
[5]. Ibid.
[6]. Lacadée P., Un petit jeu comme équivalent d’un fantasme.
[7]. Lacan J., Le Séminaire, Livre X, L'Angoisse, Paris, Seuil, 1962 -1963, p. 381.
[8]. Brousse M.-H., « De l’enfant objet aux objets de l’enfant », La petite Girafe, no 26, juin 2007, p. 38.